Robe da chiodi

Perché penso, come ha detto qualcuno, che la storia dell’arte liberi la testa

Indovina di chi è la Torre Velasca

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In un’intervista davvero insulsa pubblicata il 2 giugno dal Corriere a Zaha Hadid, in visita a Milano al cantiere Citylife, l’archistar dice di amare di Milano, la Torre Velasca di “Gio Ponti”. Ora, d’accordo che lo status di archistar legittima a dire qualsiasi cosa, ma un minimo di storia dell’architettura si può pur sempre esigerla. La Torre Velasca è firmata BBPR, dove la “P” sta per Peressutti e non certo per Ponti. E la cultura di BBPR è molto diversa da quella di Ponti: sono le due polarità di una straordinaria stagione della storia recente dell’architettura. Quindi la confusione, come l’ignoranza, è grande. Ed è grande anche nella redazione del Corriere, dove nelle pagine milanesi la considerazione della Hadid è stata ripresa pari pari, senza nemmeno fare una verifica su Wikipedia. E per colmo è stata anche enfatizzata da un sommario.

Written by giuseppefrangi

giugno 3, 2010 a 9:30 PM

Pubblicato su architettura

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4 Risposte

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  1. Mi fa sorridere ma non mi stupisce la gaffe di Zaha Hadid, degna d’uno studente del prim’anno di architettura rimandato all’esame di storia.

    Forse però è meglio fare come lei, dichiarando involontariamente la propria ignoranza, che prenderci in giro come fece qualche mese fa, sulle colonne del Corriere, il suo collega Daniel Libeskind, che affermò nientemeno: «La caratteristica unica delle Torri di Citylife sta nell’essere un continuum con la storia delle torri milanesi, da quella del Filarete, a quella di Gio Ponti e di Ernesto Nathan Rogers».

    Dunque, beata ignoranza. Se poi costruisci edifici milionari con parcelle milionarie, meglio ancora (vedi Fuksas).

    Ciò che colpisce di più è invece che architetti di questa fama non abbiano alcun impianto teorico del proprio lavoro. Oggi i progetti per potersi imporre devono essere tutti edifici eccezionali. Invece nell’architettura ci sono anche edifici ripetibili, la cattedrale gotica o il tempio greco sono edifici straordinari che hanno definito un tipo, e ne hanno fatti a centinaia. Ed erano certo non meno spettacolari (il tempio greco era spettacolare: nella città greca fatta di case basse, si costruiva sulla collina, con colonne alte 25 metri e colorate). Invece gli edifici dello star system sono uno per uno irripetibili, e dunque è impossibile costruire un pensiero condiviso su edifici irripetibili.

    Quindi l’alternativa non è tra edifici eccezionali e ordinari, tra architetti italiani e stranieri, tra costruzioni che “rompono” col contesto e costruzioni che si mimetizzano. L’alternativa è, come dici, tra architetture passeggere e architetture che durano nel tempo. Questa da che parte sta?

    Lorenzo

    giugno 4, 2010 at 10:09 am

    • commento che approvo appieno. mi piace molto la frase: “è impossibile costruire un pensiero condiviso su edifici irripetibili”.

      oggi giorno sembra che l’architettura, più che una roba funzionale agli esseri umani sia diventata disfunzionale e vanitosa.

      l’apice si raggiunge quando la funzionalità e l’impatto estetico non sono più in conflitto, ma in simbiosi.

      louis kahn mi pareva uno che ci stava provando.

      eppoi, sulla svista: sarà pure che sul sito l’avranno “sistemato”…

      ci sono due possibilità:

      1. che si sia sbagliato il giornale, il che darebbe molto da pensare sulla disgrazia delle attuali redazioni (della serie: questi ci disinformano).
      diciamo pure che sia andata così, ma allora zaha hadid ha veramente dei gusti di merda. il pirellone? parliamone.

      2. che zaha hadid si sia sbagliata e che al corriere ci abbiamo messo una pezza “online”. allora per me torna tutto: archi-star = spocchia senza cultura né vergogna/pudore. ma ciò che è peggio: corriere della sera = prono a 90 gradi.

      come la giri la giri, è un disastro.

      fr

      giugno 18, 2010 at 1:50 PM

  2. Non ho letto la versione cartacea del Corriere, ma sul sito il brano incriminato è corretto: all’archistella si fa dire “la torre Velasca e il Pirellone di Giò Ponti”.
    Probabilmente un refuso; nel taglia&cuci sarà sfuggito il Pirellone, poi recuperato dal redattore della versione online. A essere ottimisti…

    carrelli28

    giugno 7, 2010 at 11:20 PM

  3. Meno male. però la cosa dimostra che l’errore non è dell’architetta irachena bensì del giornalista milanese…

    giuseppefrangi

    giugno 9, 2010 at 12:14 am


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