Robe da chiodi

Perché penso, come ha detto qualcuno, che la storia dell’arte liberi la testa

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Il “pollastrone” di Leonardo

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Il San Giovanni Battista arrivato dal Louvre sin nell’anticamera della Moratti, aveva fatto la stessa strada proprio 70 anni, in occasione della mostra su Leonardo e le invenzioni italiane volute dal fascismo nella sua versione più lombarda e fattiva (alla Triennale). Allora tra i visitatori ci fu un attento e meticoloso Carlo Emilio Gadda,  che ne trasse un saggetto (pubblicato in appendice a Verso la Certosa). La mezza paginetta dedicata al San Giovanni Battista è un assoluto vertice critico oltre che letterario (onore agli organizzatori dell”one painting show” di Palazzo Marino, per aver messo in esergo al catalogo questa spregiudicata e chirurgica diagnosi gaddiana).

«.. e finalmente il celeberrimo Battista, l’equivoco e dulcoroso pollastrone che segnerebbe il culmine del processo astrattivo, platonizzante del divino Leonardo. L’ascesi si spoglia d’ogni brama, e d’ogni possibilità di brama, che non abbiano indirizzo celeste. Ma in luogo di pelle ed ossa, le rimane attaccata una tal quale floridezza, dirò meglio una discreta dose di ciccia. Questo Bacco angelizzato privo di polarità sessuale, accostatosi all’ultimo momento alla sua croce-idea, ci appare davvero in una fattura, in un’ombra stupenda: l’analisi delle quali è stata ampia e infinita da parte della critica; che vi vede fra l’altro, il punto d’arrivo; la prova-limite della tecnica del chiaro-scuro».

Chapeau. Poco da aggiungere: il “pollastrone”, più che indicazione ironica sembra sottolineatura inquietante. Il Battista di Leonardo è creatura metamorfica. Il dito puntato verso il cielo comunica un che di ambiguo. È un’eresia se dico che è lì lì per trasformarsi nella zampa di un demone? Io, seguendo Gadda, preferisco il Leonardo ingegnere al Leonardo mago.

Written by giuseppefrangi

dicembre 1, 2009 at 11:47 PM

Il pulviscolo di Leonardo

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Il Cenacolo secondo Greenaway. Una lettura doppia azzeccata, a conferma dell’imprendibilità e dell’ambiguità suprema di Leonardo. Da una parte l’architettura drammatica, la struttura dell’attimo che segue la rivelazione del tradimento. La frustata di sconcerto. Una costruzione perfetta, tesa, paurosamente oscillante. Quasi una costruzione  “ad onda”. Dall’altra parte il sorvolo della superficie pittorica, la telecamera inghiottita, il precipizio cosmico che si spalanca sotto le particelle di pittura. L’energia della costruzione si dissolve. E riaffiora come pulviscolo condensato per una fragilissima casualità.

Written by giuseppefrangi

settembre 8, 2008 at 8:28 PM

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